Il prossimo 14/7/2020 esce (in ebook e cartaceo) su Amazon “Come sovvertire l’ordine costituito, trovare l’amore e vivere felici”.

Racconta (in un contesto che più che distopico definirei delirante) del nostro mondo, quello reale, quello brutto.

La quarta di copertina recita: “Professori disadattati, gioventù depressa, aneliti amorosi e sovversivi, escort discinte, virus misteriosi, alieni, giornalisti pavidi, adunate oceaniche, vecchi e giovani Presidenti, clima impazzito, una società di merda: un romanzo talmente immorale e sovversivo che nemmeno Soros ha voluto finanziarlo. Un vero mattone, ma breve e comico.”

Il librino ha già vissuto una sua piccola avventura su Wattpad, dove è rimasto per alcuni mesi in lettura gratuita, traumatizzando e facendo sghignazzare una quantità di ragazzini (spero maggiorenni). E’ stato persino travolto (incredibilmente) dal più pop dei premi letterari, il Watty Award, che segnala le migliori opere dell’anno sulla piattaforma.

E ora? Ora dipende tutto da voi: ve lo consegno, non ve lo dimenticate e, se possibile, non me lo maltrattate troppo.


31 dicembre 2019

È parecchio tempo che non torno su questo blog e, nel frattempo, sono successe molte cose. L'anno scorso ho avuto più tempo per scrivere e sono nati alcuni racconti, due romanzi brevi (uno dei quali, “Il prete nuovo”, pubblicato recentemente; l’altro, “Come sovvertire l’ordine costituito, trovare l’amore e vivere felici”, laureato dai Watty Awards e da molti lettori su Wattpad) e un romanzo storico (in attesa di pubblicazione). Il 2019 è stato un anno felice e in qualche modo rassicurante anche perché ho ricevuto tanti riconoscimenti: premi importanti, ma anche commenti e recensioni dai lettori, che mi hanno spinto ad andare avanti, a continuare a credere in quello che scrivo. Perché, insomma, la montagna è ancora alta e faticosa da scalare, la meta (se ce n'è una) lontanissima e probabilmente inarrivabile, il tempo e l'attenzione che posso dedicare alle mie storie sempre troppo poco. A volte è sconsolante pensare a tutte le porte chiuse dietro cui è inutile attendere, alle mail cestinate senza neppure essere aperte... Ormai credo di aver capito molto bene che scrivere non è gettare un sasso in uno stagno, piuttosto è mandare un messaggio in una bottiglia, che solo per qualche fortunatissima e improbabile circostanza qualcuno leggerà. Bisogna decidere ogni giorno che va bene così, che possiamo giocare anche a questo gioco. Dunque ringrazio il 2019, che con me è stato generoso, e aspetto con ostinato ottimismo il 2020, padre spero non snaturato di nuovi azzardi.


"Un cattivo esempio" ce l'ha fatta, è uno dei sei romanzi scelti per la pubblicazione: a giugno uscirà con Rakuten Kobo e sarà promosso e distribuito da Kobo e Mondadori Store. Aspettiamo ansiosamente di stringere tra le braccia la creatura :-) 


E così "Un cattivo esempio" è finalista al concorso Kobo-Mondadori Store "Sei romanzi in cerca d'autore": tante congratulazioni alle mie vecchiette (e che Dio gliela mandi buona) 

 


In attesa di decidere le sorti del mio primo romanzo (uscirà, uscirà di sicuro, ma ancora non so come né esattamente quando), ho pensato di inaugurare il 2017 pubblicando una nuova piccola raccolta di racconti, che, a modo loro, parlano d'amore. 

L'ebook sarà disponibile dal 1/1/2017 per ora solo su Amazon, in futuro chissà.


Signori, ho appena ultimato il mio nuovo romanzo.

C'è una vecchietta, c'è un fantasma. C'è una casa di sole donne (anche la gatta Palmira è femmina). Ci sono delitti e segreti come in un thriller, storie d'amore come in un romance, inverosimili stregonerie come in un fantasy, disoccupati ospedali e ospizi come se piovesse. 

Ci sono dialoghi comici in lingua simil-partenopea, una badante teledipendente di nome Irina (nata a Campobasso), un sacco di problemi seri: perché l'amore ci rende stupidi? Perché dobbiamo morire se non ne abbiamo nessuna voglia? Perché non ci accorgiamo del male che facciamo? Perché ci ostiniamo a credere che per volersi bene sia necessario avere lo stesso sangue?

Questo ed altro in 240.000 battute (circa). Perché non venite a prendervelo? 


Non è mai troppo tardi

A quattro anni ho imparato a leggere e a scrivere guardando, se ben ricordo da sola e un po’ di nascosto, “Non è mai troppo tardi”

la mitica trasmissione del maestro Manzi dedicata agli analfabeti, che allora, negli anni ’60, in Italia erano ancora tantissimi. Dopo un po’ leggevo le favole alla signora che veniva a fare i servizi, inseguendola per la casa e alleviandole così, a mio giudizio, le fatiche domestiche: lei rideva moltissimo e mi guardava, correttamente, come un piccolo mostro. La signora che veniva a fare i servizi era una di loro, una di quegli adulti che non erano mai andati a scuola, ma evidentemente non aveva tempo, né voglia di guardare il maestro Manzi alla televisione, la sera. O forse, più probabile, non aveva nemmeno la televisione.

 

A sei anni, in prima elementare, ho scritto il mio primo racconto, che ancora mi ricordo, più per l’esaltazione di quella cosa che mi veniva di fare (raccontare una storia, far parlare dei personaggi) che per l’importanza del soggetto: era un dialoghetto, come ce n’erano tanti sui sussidiari di allora, tra inverno e primavera, uno usciva-l’altra entrava e si prendevano un po’ in giro tra loro. Non doveva essere malaccio perché quando tutta contenta lo feci leggere a mia madre, lei mi chiese: “Dove l’hai copiato?” Siccome insistevo che l’avevo scritto io, lei lasciò cadere la questione, non convinta e anche un tantino delusa da quella figlia contaballe. Io piansi tanto, di rabbia, e imparai una cosa che però ancora oggi fatico a mettere in pratica: mai dare al lettore quello che non si aspetta da te, anche se migliore di quello che si aspetta. La credibilità prima di tutto. Infatti io scrivo poesie e poi racconti di genere (mai lo stesso genere, però), e poi racconti non di genere, e poi ora romanzi, non si sa bene se di genere o no, e di che genere… Lettore, non ti deludere: sorprenditi, come sorprendo io me stessa ogni volta che prendo una penna in mano, o pigio le prime lettere sulla tastiera. Ogni storia, ogni strofa è un viaggio, e il bello del viaggio è stare in una terra che non conosci e che però diventa tua, quando comincia a sostenere i tuoi passi.


Posto che ognuno è comunque perso dentro i fatti suoi, farci i fatti degli altri è sempre piacevole. Pensate che meraviglia: se io fossi una vera scrittrice, voi potreste sapere tutto di me, con un clic. Altro che ricerche erudite: adesso tra un disgraziato che scrive e i poverelli che lo leggono non c'è più nessuna distanza. Potete chiedere, commentare, criticare, mandarmi all'inferno, tutto così, senza filtri (a parte la vostra obsoleta discrezione). E io posso raccontarvi come sto, perché scrivo, cosa progetto, cosa sono solita mangiare per cena e di che colore è la mia scrivania. Se ci pensate, è fantastico davvero. Che se poi uno volesse farne persino un uso intelligente, sarebbe una vita come Steve McQueen.

Per questo motivo ho deciso di iniziare qui un nuovo blog assolutamente autoreferenziale, e di citare  Vasco Rossi.